Nacqui dopo l’ultimo, enorme spargimento di sangue mondiale, in un piccolo
Paese europeo, la cui popolazione autoctona arriva a malapena a un milione di
persone. Per brevità lo chiameremo u. Ho scelto questa lettera, la “u”, perché poco
tempo fa mi sono accorto del fatto che nella mia lingua materna parole che
designano alcuni concetti essenziali includono il suono di questa lettera e in sillaba
accentata si scrivono con la “u”. Sono le parole per «morte», «fuoco», «terra»,
«cenere», «Dio», «tristezza», «diavolo», «dormire», «neve», «sesso»,
«malinconia», «follia», «stregoneria», «orgoglio», «racconto», «poesia», «fede» e
«religione» (alle due ultime parole nella mia lingua ne corrisponde una sola) e altre
ancora. (Mi accorgo che in inglese nessuna di esse include la lettera “u”).
[Vedere più in: Meditazioni da U. Per una simbiosi culturale. Trad. Pietro U. Dini. Novi Liguri: Joker Edizioni, 2015]
(Del libro Primavera e polvere. Cura e traduzione dI Albert Lázaro-Tinaut e Pietro U. Dini. Novi Ligure: Edizioni Joker, 2012):
Elegia estone
Il 28 settembre 1994, poco dopo mezzanotte, spari sotto le procellose acque del Mar Baltico, nel luogo conosciuto ai marinai come “il cimitero delle navi”, il ferry Estonia, che era salpato poco prima da Tallinn, capitale dell’Estonia, diretto alla volta di Stoccolma, in Svezia, e che porto con se nel fondo del mare quasi 900 vite umane. E il naufragio con piu vittime in tempo di pace nel Mar Baltico.Come causa dell’affondamento del ferry si individuo un possibile difetto tecnico o un errore umano. Non si esclude, tuttavia, un atto criminale. L’unica conclusione sicura della commissione che investigasull’accadimento e che il gigantesco bastimento soffri un’importante falla d’acqua che lo fece colare a picco.
No, non puo esser vero.
Crampi di perplessita attanagliavano la gola quella mattina.
Gravita di piombo nei piedi come se la terra ci sorbisse fino
[ alle sue radici
uguale all’acqua che li sorbiva, creature nude, improvvisamente,
dalle fantasticherie dei loro letti verso le sue cavita fredde come
il ferro.
No, non puo esser vero.
La liberta doveva significare, infine, calore e orgoglio.
L’Estonia come sempre correva verso la meta in testa al gruppo.
Era ora di dimenticare la cinghia che ci tenne legati fin
[ dai tempi piu oscuri,
dalla lugubre Eta Media, con i suoi sconci tabu,
era ormai ora di ritirarla.
Forse che non basto tanta riverenza e tanta testa china
davanti al padrone tedesco, al rampollo vichingo, al russo burlone?
Forse che non era stato sufficiente, per caso, il lavoro sottomesso
e mansueto, ne la lotta quotidiana trasportando pietre sul bordo
[ del pantano?
Ora che il popolo aveva nelle sue mani il potere, non poteva
durare in eterno la festa della consolazione carnale?
L’alito dei profeti – Hegel, Marx, Lenin, Bachtin – in queste terre
ha insufflato in entrambe le orecchie, ora la destra, ora la sinistra,
a seconda di come si giri e si guardi la carta.
Juri Lotman, povero e fragile ebreo nel mezzo del cammino,
[ debole e timido,
non pote mai sperare di essere profeta: con gli occhi aperti
al cielo per l’ultima volta, nel cimitero di un angolo remoto
dell’Europa, Tartu, un anno fa, in un giorno acerbo e autunnale,
apolide, senza panegirici, con il brusio di un violino come unica
[ compagnia,
canto di usignoli che si levava indifferente e freddo dalle acque
[ del fiume madre.
No, non puo esser vero.
Quali stolti raziocinii su Dio, che colpa, quali doveri quaresimali?
Dov’era questo Cristo quando i crociati ammazzavano i bambini
nella Terra Mariana, violavano le donne e le fanciulle,
quando appena fondati i primi focolari
ci trovavamo di nuovo nella primigenia steppa siberiana
coperta dalle nevi perpetue, con il suolo gelato che
[ scricchiava fra i denti,
nella regione rigida della terra sterile, da dove – come dicono –
proviene il nostro popolo?
No, non puo esser vero.
Migliaia di anni orsono gia fummo europei,
coltivatori precoci mentre altri, molto piu potenti,
divoravano il vicino come una piaga insaziabile di cavallette
e scoprivano e devastavano nuovi continenti
spinti dalla fame, dall’utero dolce e scuro della femmina straniera.
Poi l’abisso, l’amarezza, e il sorriso pertinace e freddo
[ della morte.
Forse che la piccolezza sia indizio di nobilta? Non avremo
[ anelato anche noi
il mezzogiorno sotto un cielo di lutto in molteplici scontri?
Il re degli estoni ergendosi sul campo di Umera
con la spada bagnata del sangue degli sfruttatori
che indica, splendida e rutilante, verso il sole!
Le luci del naviglio si spensero all’improvviso
nell’utero marino, fra alghe e pesci spaventati.
Vi dormivano dentro tutti i bimbi di una scuola: sognavano
un indomani estivo, luminoso e diafano.
No, non puo esser vero.
Abbiamo rimosso la polvere della storia
e abbiamo chiesto aiuto ai figli bastardi dei nostri padroni1.
Chi riconoscerebbe il nome irrisorio di Sittow
nelle gallerie interminabili dei castelli europei,
in mezzo a un’infinita di pittori olandesi?
Chi si accorgerebbe dei sudori e dell’anima di Schmidt
nella lente striata di un cosmo che egli illumina discreto,
o di Martens nella retroguardia scamiciata del numeroso esercito
di servitori dello Stato russo? Chi si rammentera
di Peterson, il Keats estone, che tanto presto fini nella tomba;
o di Kreutzwald, padre dei nostri canti, che guido nel Tartaro
l’eroe della Terra Mariana,
come Virgilio Dante, in cerca dell’amore?
(Mentre il Faust teutone sonnecchiava gia nei cieli
[ placidamente,
sulle ginocchia della Madre di Dio. Sempre cosi tardi!)
E chi si ricordera di Koidula, la cantrice dell’alba, i cui capelli
Flessuosi e neroambrati testimoniano l’incrocio fra gli estoni
[ e l’arciinca del Peru,
o il pennello di Wiiralt fabbricato con pelo pubico di femmina
[ berbera?
Chi vorra imparare a pronunciare i loro nomi o quest’altro,
malamente composto: Tammsaare?
A chi potranno ancora importare queste verita color della terra
in una lingua astrusa e impenetrabile come quella dei baschi,
come il nahuatl, come il rude balbettio dei celti?
No, non puo esser vero.
Ora l’Estonia ricade in una fossa comune
cosi velocemente che non c’e tempo per distinguere
chi, nella nebbia dei tempi, fu padrone e chi fu schiavo,
chi fino all’ora della morte si sollazzo nel letto del piacere
e chi realmente amava la sua patria.
Oh, nel baccano della danza macabra le vesti si lacerano
[ un’altra volta
e scoprono le carni e le ossa tanto di queste formiche
diligenti che sanno sempre procurarsi tutto, quanto di quelli
che permettono al vento delle epoche di trafiggere i loro corpi
[ smunti.
Oh, questa alfabetica risata della morte, aliena all’oscurita
e alla chiarita dei nostri segnali intelligenti!
Tutte le parole non significavano nulla quando
un estone afferrava per la mano un russo che annegava,
quando un svedese smunto trasmetteva il calore del suo petto
per mitigare l’ipotermia di un cuore estone.
Mai in questo secolo aveva pestato cosi la scarpa ferrata,
fino a farlo sanguinare,
il robusto scheletro del leone scandinavo.
No, non puo esser vero.
Quale consolazione recava quell’altra onda
che si franse in una notte ancor piu oscura,
quell’ansia crudele che ghiacciava sulla nuca, che ogni estone
si sforza invano, caparbio, di evocare e poi dimenticare
nei fervorosi festival del canto?
Che m’importa dei tuoi cimiteri e di quest’idea chimerica
che nelle sue tombe giace un altro e piu grande Stato!
Cio che m’interessa e la vita, la facolta che ha il caleidoscopio
dei nostri giorni di dare ai colori una sfumatura singolare.
Un giro ancora – basta un quarto di grado –
con il gesto abile appreso dall’artista greco
per concepire una benedetta fenditura protettrice!
No, non puo esser vero.
Migliaia di anni orsono gia fummo europei,
Migliaia di anni prima di Marx e di Friedman
sapevamo che non resterebbe indifferente
il cuore di Penelope davanti alla porpora di Tiro
e che, mentre si sollazzava con le naiadi, Ulisse
desiderava ardentemente inadempiere al suo ritorno;
e che Telemaco, l’orfano infausto, altri non era che Edipo
che senza tregua insidiava i suoi genitori e forzava
affinche ampliassero il talamo sempre di piu.
Allo stesso modo che il germe sentimentale dell’est slavo
senza tregua danneggiava quel primo ministro francese
che negli anni Novanta, nella sorpresa generale,
si sarebbe sparato un colpo in testa.
Ecco che gia ricominci con i tuoi miti!
Noi invece per quello, guarda un po’, non abbiamo neanche
[ tempo.
Perche preoccuparsi – senor Gonzalez, Herr Kohl –
che l’ozono si estingua sulle nostre teste?
Perche perdere il sonno se l’Estonia naufraga o l’Europa affonda
quando dobbiamo occuparci di badare allo stomaco dei nostri
[ cari
compatrioti, che ogni fine settimana devono procurarsi nuovo
[ ossigeno
nelle spiagge ben curate con le loro care automobili,
o sopportare impavidi la vittoria del Bayern
sul Madrid supercampione, o viceversa, e vigilare
perche la quotazione del prosciutto non soffra alti e bassi
per un muro d’aria o per lo spirito di Marx che, come prima,
sorridendo sarcastico, flotta fra Unter den Linden e il Tierpark
nonostante le nostre potenti martellate
e i tanti abbracci calorosi!
No, non puo esser vero.
Migliaia di anni orsono gia fummo europei.
Quando nascemmo Platone diligente faceva da ostetrica.
Ci insegno che cio che importa non e l’amore, ma il suo nome;
fu lui che fece fiorire il nome della rosa nel cervello di Eco
e che diresse le pinzette di Lotman
che frugavano nel pozzo gelatinoso della vita
e portavano alla luce i segni riluttanti che le resistevano.
Forse che Platone aveva amato qualche volta?
Chi lo sa! Sebbene affermasse che l’amore
non si annida tanto nell’amato,
quanto solo in colui che ama.
Ecco qui gli amanti di se stessi:
fra il marciume sulla riva del canale di Singel, ad Amsterdam,
lasciano fluttuare la sua lugubre e insalubre mercanzia:
poco importa che proceda da cranei verdi,
neri o bianchi, da cervelli
tortuosi e ordinati.
(Guarda l’infangato Rembrandt, l’immobile
e spermatico Van Gogh,
che dipinge la disperazione fluttuante
fra grandi pezzi di carne cruda).
Con quale ansia desideri tornare a casa, a te stesso,
in Estonia alla verde nebbiolina mattinale,
alla profondita e all’amplitudine del cuore
dove l’Europa per sgranchirsi
si scuote di dosso l’immondizia delle notti onniscienti
e ritorna alla sua infanzia!
Pero non sappiamo nulla neanche di noi stessi
mentre al di la del muro che s’alza fino ai cieli
(e che rinserra un’infinita di citta,
di monti, di fiumi, di profondi pozzi
triangolari, di seni femminili,
di sogni, cimiteri con croci e scheletri,
fibre di pelo argentato,
intrico di vene e memorie) non giunge a te,
ondeggiando, una voce, un anelito
che non inizia soltanto nella mia persona.
(Sono stati tanti i profeti che non hanno vissuto
ne sono morti abbastanza per saperlo.
Lo vedi, Platone, che non basta l’amore per se stessi,
e tanto meno l’idea dell’amore.
Almeno per tre volte il Cavaliere Verde
mette a prova i viventi: uno deve essere leale!
Stai sicuro che chi non abbia visto i riccioli dorati
della sua vanita impigliati nel ceppo
non avra una terza opportunita per rialzare il capo.
Si potrebbe chiamare tutto questo un segno, la nebbia,
il sogno, qualcosa che non puo essere verita
e svanisce in un istante
(cosi come rimasero ciechi quella notte i teschi
intelligenti dei computer dietro il lucernario opaco delle alghe
[ marine),
se non esistessi io, se non esistessi tu
in questo momento, quando Dio ancor non sa
come chiamera l’Europa, l’Estonia,
la rosa;
come chiamare noi stessi che ci adattiamo senza posa
in qualunque terra o mare dell’universo,
in qualunque odore, in qualunque seme, in qualunque fuoco,
a qualunque distanza,
siamo verita, esattamente uguale
che quando esigiamo tenerezza
piu del nome; amore piu che sangue;
la luce piu che le ossa.
Ottobre 1994.